mercoledì 7 ottobre 2009

Il Digital Storytelling

Il Digital Storytelling è una pratica che nasce nei primi anni ’90, contemporaneamente alla diffusione di strumenti multimediali a costi accessibili e alla diffusione di Internet, e che utilizza strumenti basati sul computer per raccontare storie.
In modo semplicistico può essere definito come un metodo per combinare una narrazione personale con elementi multimediali, per produrre un piccolo filmato.
Esistono diverse definizioni di Digital Storytelling, ma tutte ruotano intorno all’idea di combinare elementi digitali multimediali, come immagini, audio e video, con l’arte del raccontare storie (storytelling) creando una forma di ri-mediazione di quest’ultima.
Ciò che lo distingue dalla banale pratica di unire insieme materiali multimediali è la sua tendenza ad assumere una forma narrativa, con forti connotazioni emotive, e l’intento di condividerlo con altri tramite la rete.
Le cosiddette “story tales” possono quindi essere definite come «blended telling stories with digital technology» (Ohler, 2007) che uniscono abilità nel narrare con le potenzialità tecnologiche.
Queste digital tales possono avere lunghezza variabile, ma solitamente sono comprese tra i 2 e i 5 minuti, arrivando ad un massimo di 10 minuti.
Per poter creare questo tipo di storie, ai soggetti viene richiesto di acquisire un insieme di competenze tecniche, comunicative, riflessive e di scoperta del Sé apparentemente semplici, ma in realtà non banali, che richiedono una adeguata formazione.
E'necessario che i soggetti sappiano riconoscere e gestire il modello narrativo orale/visuale, posseggano abilità di lettura e scrittura e utilizzare e interpretare nel modo adeguato i media, aprendosi alla partecipazione comunitaria.
Ciò che è importante è inoltre saper coinvolgere le persone ad un livello personale e emozionale e non solo concettuale.È necessario quindi saper calibrare le due componenti, razionale ed emotiva.

martedì 6 ottobre 2009

L’evoluzione della narrazione: dall’oralità alle nuove tecnologie


Il primo passo per l’analisi dell’evoluzione narrativa avvenuta nel corso della storia è andare a spiegare come è avvenuto il passaggio tra oralità e scrittura. È importante, a tal proposito, citare il lavoro compiuto dall’americano Walter J. Ong (1986). Egli distingue tra due tipi di culture: quelle a “oralità primaria” e quelle basate sulla scrittura. L’oralità, è una caratteristica intrinseca e stabile del linguaggio a differenza della scrittura che può essere vista come una vera e propria tecnologia.. Le culture a “oralità primaria”, non possedendo nessun supporto scritto, sono estremamente vincolate dai limiti della memorizzazione.. Grazie all’introduzione della scrittura, invece, vengono superati la variabilità e la non permanenza dell’oralità e nascono le cosiddette culture chirografiche (Bara, 2003). La scrittura può essere vista come l’evento di maggior importanza nella storia delle invenzioni tecnologiche dell'uomo: «Senza la scrittura un individuo alfabetizzato non saprebbe e non potrebbe pensare nel modo in cui lo fa» (Ong, 1986). E con la scoperta della stampa nasce il primo vero mezzo di massa per la trasmissione delle conoscenze. Ma nel mondo contemporaneo che cosa succede? Ong parla di “oralità secondaria” (o di ritorno) per indicare il ritorno dell’importanza dell’oralità con la diffusione dei media, quali la radio, la televisione e, in ultimo, il computer. Si torna ad un mondo orale mediato, però, dall’esperienza alfabetica e dalla scrittura. La nuova oralità presenta somiglianze con la vecchia, ma, allo stesso tempo, si differenzia da essa in quanto raggiunge un più vasto pubblico e genera un senso di appartenenza a gruppi molto ampi. In questo processo di ri-mediazione la scrittura sembra acquisire, quindi, alcune caratteristiche dell’oralità; dall’altra parte, però, anche le tecnologie stesse hanno rivalutato l’importanza della scrittura come veicolo preferenziale per la trasmissione dei contenuti.